Il brano che si può leggere in questo post, è stato estrapolato dal libro di Massimo Recalcati “Patria senza padri,
psicopatologia della politica italiana” e curato da Christian Raimo. Editore
minimum fax. Il libro è scritto sotto forma di intervista.
Christian Raimo ha studiato filosofia
all'Università di Roma "La Sapienza" con Marco Maria Olivetti. Ha
lavorato e scritto per il cinema, la radio e la televisione. Per un periodo ha
fatto anche cabaret con un gruppo denominato "I cavalieri del Tiè".
Ha
collaborato con diverse riviste letterarie («Liberatura», «Elliot-narrazioni»,
«Accattone», «Il maleppeggio»), quotidiani («Il manifesto», «Liberazione») e
con la casa editrice romana minimum fax, per la quale ha tradotto Charles
Bukowski e David Foster Wallace. Con la stessa casa editrice ha pubblicato nel
2001 la sua raccolta di racconti di esordio Latte.
Da
Wikipedia
Massimo Recalcati si è laureato in
filosofia con Franco Fergnani presso l'Università Statale di Milano, si
specializza in psicologia sociale. Ha insegnato come professore a contratto
all’Università di Milano, nella facoltà di filosofia, all’Università degli
studi di Padova e di Urbino (Teorie e tecniche del colloquio), presso la
facolta di psicologia e all’Università degli Studi di Bergamo (Psicologia
dell’arte e della letteratura) e all'università di Losanna.
Insegna
psicopatologia del comportamento alimentare presso l’Università degli Studi di
Pavia.
Ha
svolto attività di supervisione clinica presso istituzioni della salute
mentale. Dal 2006 è supervisione clinico presso il reparto di neuropsichiatria
infantile dell'Ospedale Sant'Orsola di Bologna.
Da
Wikipedia
Christian Raimo: Mi metto nei panni di
un genitore di oggi o di un insegnante e penso come leggere questo discorso
(precedentemente, si era parlato in un altro paragrafo, appunto, di come in
qualche maniera si era combattuta la figura del padre autoritario negli anni
sessanta e settanta), che è sempre rischioso. Si potrebbe ridurlo a una prospettiva
di recupero. Il fantasma dell’autorità è sempre dietro l’angolo.
Risponde Recalcati: No, gli educatori e
il dispositivo discorsivo della scuola devono essere in grado di evocare questa
interdizione senza tuttavia richiamare sulla scena il fantasma del padre
autoritario. Non è un compito facile, anche perché non basta pretendere il
rispetto delle regole. Credo che in ogni processo di educazione o, come
preferiva dire Francoise Dolto, di “umanizzazione” della vita, sia fondamentale
introdurre la vita di fronte allo spigolo duro dell’impossibile, ovvero di
fronte al senso del limite. Ma incontrare l’impossibile non significa
mortificare la vita. È solo l’iscrizione di un limite che rende possibile il
gioco del desiderio. Questo significa che un bravo insegnante è qualcuno che si
pone lui stesso in rapporto all’impossibile. Non è qualcuno che chiude i
discorsi ma qualcuno che sa tenerli aperti perché sa che è impossibile
chiuderli…
Christian Raimo: Mi fai venire in mente
una mia studentessa di qualche anno fa. Aveva cambiato scuola ed è arrivata
nella mia classe. Era stata bocciata, ma sembrava invece una tipa sveglia. Io
le dissi di mettersi in pari con i programmi, le diedi qualche giorno di tempo
prima di interrogarla. Un giorno mi aspetta fuori dalla porta prima di entrare
in classe e mi dice: “Prof, io ho studiato, però se lei mi interroga faccio
scena muta, così mi mette quattro e io lo dico a mia madre”. Mi sembrava
talmente assurdo che mi feci ripetere tutto il sillogismo, poi le dissi: “Va
bene, ti sento un’altra volta”. Raccontai quest’episodio alla madre al
colloquio, e lei mi disse:”Ha ragione, professore. È vero, non le do tante
attenzioni. Come ho fatto a non capirlo? Ma sa, professore, anche mia madre non
mi ha dato molte attenzioni”…Ecco, ai colloqui coi genitori mi capitano sempre
di più casi simili che mi chiedono: ci parli lei, che devo fare, non viene a
scuola perché non vuole alzarsi; che mi descrivono il figlio come un ragazzo
simpatico, amabile…Tu che panorama hai? Con che genitori, con che educatori ti
sembra di confrontarti nella tua esperienza clinica?
Massimo
Recalcati: i genitori oggi sono in grande difficoltà. C’è un’alterazione della
differenza generazionale. Pensiamo a quali sono le due angosce prevalenti dei
genitori contemporanei, dei trentenni, dei quarantenni di oggi. Sono due
angosce che non esistevano nella generazione dei miei genitori. L’angoscia
prevalente dei genitori ipermoderni è quella di essere sufficientemente amati
dai loro figli. Si tratta di un’aberrazione generazionale; nella catena delle
generazioni è il figlio che vuole essere amato dal padre. Io mi chiedevo, di
fronte ad un padre che non vedevo mai, che lavorava tutto il giorno, dalla
mattina alla sera, insieme al quale non ho trascorso nemmeno un giorno di vacanza:
“Ma io conto qualcosa?”. È il figlio che si interroga sul desiderio dell’Altro,
sul posto che egli ha in questo desiderio. Ed è giusto che si interroghi.
Adesso invece sono i genitori che si interrogano sul desiderio dei loro figli:
mi ama? Mi vole bene? E questa è un’angoscia che paralizza la trasmissione del
desiderio e paralizza il gesto educativo. Perché per essere amabile devo dire
sempre “si!”. Non posso introdurre lo spigoo duro della Legge della castrazione[1]. È
chiaro che è sempre più difficile dire “no!” perché si diventa meno amabili
agli occhi dei figli…
La
seconda angoscia, che ha ormai raggiunto dei livelli collettivi piuttosto
inquietanti, è l’angoscia vincolata al principio di prestazione. I genitori di
oggi sono sempre più assillati dalla capacità prestazionale dei loro figli.
Appena il figlio incontra un ostacolo nel suo percorso si rompe il patto
generazionale, per esempio quello tra i
genitori e gli insegnanti (neretto mio). Si accusano gli insegnanti di non
capire le qualità del proprio figlio, oppure gli si fa cambiare scuola alla
prima difficoltà scolastica! Questo è il narcisismo ipermoderno dei genitori
per cui non è più il bambino che si adatta ai ritmi della famiglia, al
funzionamento simbolico della famiglia, ma è la famiglia che si modella sul
capriccio del bambino. Questa è una nuova realtà antropologica: il nostro tempo
è il tempo dell’idolatria del bambino, di cui in Caro diario Nanni Moretti ci ha dato un ritratto memorabile. Ti
ricordi? Bambini che tiranneggiavano gli adulti e li costringevano a fare i
versi degli animali al telefono…
Caro Stefano, mi è piaciuto molto questo articolo: l’ atteggiamento qui descritto da parte dei genitori io lo avverto ogni giorno essendo un un’insegnante di Scuola Primaria e potrei riportarti molti frammenti di racconti ed episodi che accadono tutti i giorni nella scuola. Sai, io magari queste cose le avverto, come già detto, ma non sapevo spiegarlo bene…. È come se nell’articolo leggessi esattamente le parole che avrei voluto dire io!!!!!!
RispondiEliminaInoltre apprezzo molto la citazione (e lo spezzone del filmato pubblicato su Youtube) da parte di Recalcati del film di Moretti, regista che io ammiro, per la sua lungimiranza e analisi sempre ben riuscita dello spaccato della società italiana….. ti ricordo che il film è dei primi anni novanta !!!!!
Ti ringrazio del commento e ti ricordo che non sono molte le persone che me ne hanno lasciato qualcuno su questo blog. Che dire,certi argomenti sono fondamentali e soluzioni immediate non ce ne sono, ma credo che l'importante è che se ne continui a parlare. Come dice Recalcati (condivido il suo pensiero) un "bravo insegnante", genitore o educatore che sia, non chiude mai i discorsi, ma sa tenerli aperti perché sa che è impossibile chiuderli!
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