domenica 19 gennaio 2014

Padri "autoritari", educatori, scuola, l’impossibile e le regole.


   Il brano che si può leggere in questo post, è stato estrapolato dal libro di Massimo Recalcati “Patria senza padri, psicopatologia della politica italiana” e curato da Christian Raimo. Editore minimum fax. Il libro è scritto sotto forma di intervista.

Christian Raimo ha studiato filosofia all'Università di Roma "La Sapienza" con Marco Maria Olivetti. Ha lavorato e scritto per il cinema, la radio e la televisione. Per un periodo ha fatto anche cabaret con un gruppo denominato "I cavalieri del Tiè".
Ha collaborato con diverse riviste letterarie («Liberatura», «Elliot-narrazioni», «Accattone», «Il maleppeggio»), quotidiani («Il manifesto», «Liberazione») e con la casa editrice romana minimum fax, per la quale ha tradotto Charles Bukowski e David Foster Wallace. Con la stessa casa editrice ha pubblicato nel 2001 la sua raccolta di racconti di esordio Latte.

Da Wikipedia

Massimo Recalcati si è laureato in filosofia con Franco Fergnani presso l'Università Statale di Milano, si specializza in psicologia sociale. Ha insegnato come professore a contratto all’Università di Milano, nella facoltà di filosofia, all’Università degli studi di Padova e di Urbino (Teorie e tecniche del colloquio), presso la facolta di psicologia e all’Università degli Studi di Bergamo (Psicologia dell’arte e della letteratura) e all'università di Losanna.
Insegna psicopatologia del comportamento alimentare presso l’Università degli Studi di Pavia.
Ha svolto attività di supervisione clinica presso istituzioni della salute mentale. Dal 2006 è supervisione clinico presso il reparto di neuropsichiatria infantile dell'Ospedale Sant'Orsola di Bologna.

Da Wikipedia


Christian Raimo: Mi metto nei panni di un genitore di oggi o di un insegnante e penso come leggere questo discorso (precedentemente, si era parlato in un altro paragrafo, appunto, di come in qualche maniera si era combattuta la figura del padre autoritario negli anni sessanta e settanta), che è sempre rischioso. Si potrebbe ridurlo a una prospettiva di recupero. Il fantasma dell’autorità è sempre dietro l’angolo.

Risponde Recalcati: No, gli educatori e il dispositivo discorsivo della scuola devono essere in grado di evocare questa interdizione senza tuttavia richiamare sulla scena il fantasma del padre autoritario. Non è un compito facile, anche perché non basta pretendere il rispetto delle regole. Credo che in ogni processo di educazione o, come preferiva dire Francoise Dolto, di “umanizzazione” della vita, sia fondamentale introdurre la vita di fronte allo spigolo duro dell’impossibile, ovvero di fronte al senso del limite. Ma incontrare l’impossibile non significa mortificare la vita. È solo l’iscrizione di un limite che rende possibile il gioco del desiderio. Questo significa che un bravo insegnante è qualcuno che si pone lui stesso in rapporto all’impossibile. Non è qualcuno che chiude i discorsi ma qualcuno che sa tenerli aperti perché sa che è impossibile chiuderli…

Christian Raimo: Mi fai venire in mente una mia studentessa di qualche anno fa. Aveva cambiato scuola ed è arrivata nella mia classe. Era stata bocciata, ma sembrava invece una tipa sveglia. Io le dissi di mettersi in pari con i programmi, le diedi qualche giorno di tempo prima di interrogarla. Un giorno mi aspetta fuori dalla porta prima di entrare in classe e mi dice: “Prof, io ho studiato, però se lei mi interroga faccio scena muta, così mi mette quattro e io lo dico a mia madre”. Mi sembrava talmente assurdo che mi feci ripetere tutto il sillogismo, poi le dissi: “Va bene, ti sento un’altra volta”. Raccontai quest’episodio alla madre al colloquio, e lei mi disse:”Ha ragione, professore. È vero, non le do tante attenzioni. Come ho fatto a non capirlo? Ma sa, professore, anche mia madre non mi ha dato molte attenzioni”…Ecco, ai colloqui coi genitori mi capitano sempre di più casi simili che mi chiedono: ci parli lei, che devo fare, non viene a scuola perché non vuole alzarsi; che mi descrivono il figlio come un ragazzo simpatico, amabile…Tu che panorama hai? Con che genitori, con che educatori ti sembra di confrontarti nella tua esperienza clinica?

Massimo Recalcati: i genitori oggi sono in grande difficoltà. C’è un’alterazione della differenza generazionale. Pensiamo a quali sono le due angosce prevalenti dei genitori contemporanei, dei trentenni, dei quarantenni di oggi. Sono due angosce che non esistevano nella generazione dei miei genitori. L’angoscia prevalente dei genitori ipermoderni è quella di essere sufficientemente amati dai loro figli. Si tratta di un’aberrazione generazionale; nella catena delle generazioni è il figlio che vuole essere amato dal padre. Io mi chiedevo, di fronte ad un padre che non vedevo mai, che lavorava tutto il giorno, dalla mattina alla sera, insieme al quale non ho trascorso nemmeno un giorno di vacanza: “Ma io conto qualcosa?”. È il figlio che si interroga sul desiderio dell’Altro, sul posto che egli ha in questo desiderio. Ed è giusto che si interroghi. Adesso invece sono i genitori che si interrogano sul desiderio dei loro figli: mi ama? Mi vole bene? E questa è un’angoscia che paralizza la trasmissione del desiderio e paralizza il gesto educativo. Perché per essere amabile devo dire sempre “si!”. Non posso introdurre lo spigoo duro della Legge della castrazione[1]. È chiaro che è sempre più difficile dire “no!” perché si diventa meno amabili agli occhi dei figli…
La seconda angoscia, che ha ormai raggiunto dei livelli collettivi piuttosto inquietanti, è l’angoscia vincolata al principio di prestazione. I genitori di oggi sono sempre più assillati dalla capacità prestazionale dei loro figli. Appena il figlio incontra un ostacolo nel suo percorso si rompe il patto generazionale, per esempio quello tra i genitori e gli insegnanti (neretto mio). Si accusano gli insegnanti di non capire le qualità del proprio figlio, oppure gli si fa cambiare scuola alla prima difficoltà scolastica! Questo è il narcisismo ipermoderno dei genitori per cui non è più il bambino che si adatta ai ritmi della famiglia, al funzionamento simbolico della famiglia, ma è la famiglia che si modella sul capriccio del bambino. Questa è una nuova realtà antropologica: il nostro tempo è il tempo dell’idolatria del bambino, di cui in Caro diario Nanni Moretti ci ha dato un ritratto memorabile. Ti ricordi? Bambini che tiranneggiavano gli adulti e li costringevano a fare i versi degli animali al telefono…
Vai al link per vedere lo spezzone del film di Moretti:
http://www.youtube.com/watch?v=zzS4VRZEjWc



2 commenti:

  1. Caro Stefano, mi è piaciuto molto questo articolo: l’ atteggiamento qui descritto da parte dei genitori io lo avverto ogni giorno essendo un un’insegnante di Scuola Primaria e potrei riportarti molti frammenti di racconti ed episodi che accadono tutti i giorni nella scuola. Sai, io magari queste cose le avverto, come già detto, ma non sapevo spiegarlo bene…. È come se nell’articolo leggessi esattamente le parole che avrei voluto dire io!!!!!!
    Inoltre apprezzo molto la citazione (e lo spezzone del filmato pubblicato su Youtube) da parte di Recalcati del film di Moretti, regista che io ammiro, per la sua lungimiranza e analisi sempre ben riuscita dello spaccato della società italiana….. ti ricordo che il film è dei primi anni novanta !!!!!

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    1. Ti ringrazio del commento e ti ricordo che non sono molte le persone che me ne hanno lasciato qualcuno su questo blog. Che dire,certi argomenti sono fondamentali e soluzioni immediate non ce ne sono, ma credo che l'importante è che se ne continui a parlare. Come dice Recalcati (condivido il suo pensiero) un "bravo insegnante", genitore o educatore che sia, non chiude mai i discorsi, ma sa tenerli aperti perché sa che è impossibile chiuderli!

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