sabato 3 gennaio 2015

Perché la scuola non funziona più 2


Avrei voluto dire che il vero motivo fosse lo stipendio, anzi scusate, i "soldi" è meglio, ma nell'altro post non me la sono sentita. Di certi i soldi sono un grosso incentivo per tutti (e per tutto) e sicuramente gli insegnanti italiani sono i meno pagati d'Europa, ma la scuola non dovrebbe rientrare nel capitolo "economia" (solo quando si tratta di tagli) in un mondo dove tutto viene "monetizzato"(qualcuno pensa di potersi comprare anche un lasciapassare per l'al di là come quando si pagavano le indulgenze plenarie (o parziali)! Per maggiori approfondimenti leggere "Il Sistema delle Bolle Papali" sottostante) anche perché "con la cultura non si mangia!" Mai parole furono state più profetiche!

E' giusto dare valore ai soldi e sarebbe altrettanto giusto dare (ridare?) dignità al lavoro degli insegnanti, ma il punto è sempre lo stesso, se guardo con gli occhi della realtà, non riesco a immaginare il mio stipendio lievitato (giustamente) mentre la stragrande maggioranza degli italiani (in realtà solo i poveri e la classe media che appunto sono la stragrande maggioranza degli italiani) devono stringere la cinghia per arrivare a fine mese, mentre le fabbriche in Italia non ci sono più (a chi insegneremo?) e senza parlare della disoccupazione in aumento, ecco che allora questo discorso diventa più "utopistico" della mia scuola utopistica dell'ultimo post!


Candidato premio nobel docenti: "Renzi, stipendi più dignitosi"



NB

In Italia bisogna essere come minimo candidati al premio Nobel per dire qualcosa ed essere ascoltati....forse.


"Daniele Manni, salentino, docente di informatica presso l’Istituto “Galilei - Costa” di Lecce, è uno fra i 50 finalisti candidati al titolo per i migliori docenti del mondo, il “Global Teacher Prize”.

Ha deciso di inviare una lettera aperta al premier Renzi e al ministro dell'Istruzione Stefania Giannini, in cui suggerisce alcune innovazioni per la scuola.

La prima richesta di Manni è quella di vedere azioni concrete, non solo sentire annunci di cambiamento e innovazioni.

Prosegue poi chiedendo in concreto che gli stipendi degli insegnanti divengano "dignitosi":"Se, pur essendo i peggio pagati e ricevendo poca o nulla stima dalla società civile, riceviamo lode e attenzione internazionale e la nostra opera quotidiana rende la scuola italiana una delle “istituzioni” più apprezzate dalla cittadinanza (al terzo posto, dopo Papa Francesco e le forze dell’ordine), chiedo a Lei e al governo che rappresenta, cosa potrebbe essere la Scuola italiana se il corpo docente ricevesse più credito e dignità? Come pensa che la società possa apprezzare una figura così importante per la vita ed il presente (non solo il futuro) dei nostri figli se lo Stato è il primo a ridicolizzarne il lavoro con un riconoscimento inadeguato? Comprendo benissimo che questo è un momento certo non facile per mettere sul tavolo un piano di aumenti per la categoria, ma qualche primo, piccolo segnale non sarebbe affatto una mossa errata. Se si sta chiedendo se questo mio è un tentativo per ottenere ciò che in tanti non sono riusciti negli ultimi vent’anni, la risposta è …sì""


Il Sistema delle Bolle Papali costituisce storicamente il fondamento giuridico della nostra attuale schiavitù finanziaria.




Fatta questa parentesi storica, anzi, sulle nostre vere radici storiche torniamo a noi, ve lo immaginereste voi un capo del governo a 1300 euro al mese? Qualcuno potrebbe replicare che gli impegni e le responsabilità di quest'ultimo sono più grosse (come se educare un bambino non lo fosse) e magari mi si potrebbe anche dire che la testa è più importante dei piedi! Ma la testa senza piedi non va da nessuna parte. Siamo giunti di nuovo ad un'altro vero motivo di fondo perché la scuola non funziona più, e senza per giunta, nasconderci dietro un dito, l'altro vero motivo è che c'è troppa disparità tra i cittadini, la forbice tra i privilegiati e il "popolo" si è allargata eccessivamente, conflitti e tensioni sono di nuovo all'ordine del giorno e in aula si percepiscono tutti...almeno a chi non insegna ai banchi. Infine qualcuno potrà dire che cosa c'entra il fatto che le "fabbriche" continuano a chiudere!
In breve si insegna a chi e per che cosa? Non che esistano solo le fabbriche, ma al momento non c'è un'altro "motore" dell'economia in Italia che abbia sostituito questa recente realtà. 
A chi ha la possibilità non gli rimane che andare all'estero, sempre che funzioni.

giovedì 1 gennaio 2015

La mia buona scuola (che non c’è)




      Non lo so se le parole pesano davvero sempre come macigni…mi piacerebbe che fosse davvero così,  perché significherebbe che ancora dall’altra parte c’è un cuore che percepisce.

Nella mia buona scuola (che non c'è) io ripartirei dall’utopia.

Sull’utopia

“L'utopia è questo: quando sei convinto che a trecento metri ci sia quello che vuoi raggiungere, li percorri e ti rendi conto che l'utopia è trecento metri più in là, e così via. Per questo ti dici: "Allora è veramente irrealizzabile". Invece no, perché c'è un aspetto positivo: che si sta camminando, e quindi l'utopia si realizza strada facendo.

Andrea Gallo, Il vangelo di un utopista, 2011”

Su due cose, mi piacerebbe focalizzare la mia scuola “utopistica”:

Uno è riflettere sul  Male incarnato da Eichmann  proprio nel momento in cui appare "banale"  alla Arendt, dove  tra l’altro spiega  che è tanto più terribile perché i suoi servitori sono grigi burocrati. (Vedi La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme di Hannah Arendt).

Il secondo punto  su cui mi soffermerei, partendo da un articolo di Marco Lodoli,  è quello in cui dice che “Siamo parte di un tutto, ma ce lo siamo dimenticati, o meglio: la società occidentale, formata totalmente sulle regole del mercato, tende a scomporsi in atomi rivali, in solitudini minacciose perché minacciate.”


Buon 2015!

Stefano

mercoledì 24 dicembre 2014

Perché la scuola non funziona più



L'ovvio è quello che non si vede mai finché qualcuno non lo esprime con la massima semplicità.

(Kahlil Gibran)

La scuola non funziona più perché non funziona più la società e quando si cercano i colpevoli di questo mal funzionamento, quando si cercano i capri espiatori[1], si scatena una guerra “tra poveri”, insomma, i mali non finiscono mai, tuttalpiù se ne aggiungono.

Dove c’è tensione non ci può essere terreno fertile per l’apprendimento, quindi non si possono cambiare le regole, gli insegnanti ed anche gli edifici perché il vero problema di fondo permane.

Il passo successivo per comprendere (o meglio per cominciare a riflettere) il mondo (e quindi la scuola) in cui viviamo ce la può offrire Zygmunt bauman nel suo libro  Modus vivendi: inferno e utopia del mondo liquido.

“In un pianeta globalizzato negativamente[2] è impossibile ottenere la sicurezza, e tanto meno garantirla, all’interno di un solo paese o di un gruppo scelto di paesi: non con i loro mezzi soltanto, e non a prescindere da quanto accade nel resto del mondo.
E neanche la giustizia, condizione preliminare di una pace duratura, può essere raggiunta, ne tanto meno garantita, all’interno di un solo paese. L’”apertura” perversa delle società imposta dalla globalizzazione negativa è essa stessa causa prima di ingiustizia e quindi, per vie trasverse, di conflitti e di violenza. Come di ce Arundhati Roy[3], “quando le élites, da qualche parte al vertice del mondo, portano avanti il loro viaggio verso destinazioni fantastiche, i poveri finiscono intrappolati in una spirale di crimine e di caos”. Le azioni del governo degli Stati Uniti, dice Roy, insieme ai suoi vari satelliti, malamente camuffati da “istituzioni internazionali”, come la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e l’Organizzazione mondiale per il commercio, hanno portato, come “pericolosi sottoprodotti”, “nazionalismo, fanatismo religioso, fascismo e ovviamente, terrorismo, che progredisce di pari passo con la globalizzazione liberista”."

Ora ditemi voi, se così fosse (e molto probabilmente lo è), che cosa c’entrano i genitori, gli insegnanti, i presidi in tutto questo marasma? Ecco che allora si cercano i capri espiatori e si fanno finte riforme della scuola in una società sconvolta da grossi cambiamenti, ma se la società, questo tipo di società non funziona più, di conseguenza non può funzionare nemmeno più la scuola di cui fa parte, anzi di cui ne è le fondamenta, a meno che non si estranei dal contesto e diventi falsa e pretenziosa, ma a questo punto tradisce il suo scopo originale, formare i nuovi cittadini (se questo era il suo scopo originale). Purtroppo la realtà prima o poi ci si parerà dinanzi e pretenderà il suo prezzo. Dove è finita la la lungimiranza di quelle poche persone che ci hanno illuminato la via nei momenti più bui della nostra storia? La risposta in parte la si può trovare nella sconfitta e nello sfacelo della mediocrità della politica attuale nazionale, europea e mondiale, anzi scusate "globalizzata" e noi che facciamo? Invecchiamo, siamo sempre più disoccupati e ci disinteressiamo della politica: http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12/23/istat-italiani-vecchi-disoccupati-meno-interessati-politica/1293849/

Buon Natale

Stefano

mercoledì 22 ottobre 2014

Poveri insegnanti!



da Il giornale dell’Università degli studi di Padova



Stipendi degli insegnanti: il gioco delle tre carte


Nel rapporto La Buona Scuola. Facciamo crescere il Paese, pubblicato pochi giorni fa dalla Presidenza del consiglio dei ministri e dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, uno speciale interesse per i docenti riveste il secondo capitolo, dal titolo Le nuove opportunità per tutti i docenti: formazione e carriera nella buona scuola; e in particolare il paragrafo 2.3, Premiare l’impegno: come cambia la carriera dei docenti.
Ormai da molti anni gli insegnanti della scuola pubblica sono privati del rinnovo contrattuale; sono sottoposti con tutti i dipendenti statali al perdurante (ne è stata annunciata l’ulteriore proroga fino a tutto il 2015) blocco degli stipendi, per i quali non viene neppure riconosciuto il recupero dell’inflazione; sono titolari di retribuzioni tra le più basse d’Europa per la categoria, talmente esigue che tutti gli ultimi ministri dell’istruzione (compresa l’attuale) hanno, all’inizio del loro incarico, biasimato pubblicamente questa situazione. È dunque comprensibile che le aspettative dei docenti su questo tema, già molto vive, siano state ulteriormente stimolate dalle frequenti dichiarazioni del Presidente del Consiglio, che ha più volte enfatizzato la centralità della professione docente per lo sviluppo della nazione e l’opportunità di un suo maggiore riconoscimento. Lo stesso rapporto La Buona Scuola è tutt’altro che privo di enfasi: bisogna rivendicare il “coraggio di ripensare come motivare e rendere orgogliosi” gli insegnanti; essi hanno “alta responsabilità professionale e civile” (p. 6) e ciascuno di loro determina “il futuro di centinaia di ragazzipiù di quanto possa farlo un membro del Governo o l’amministratore delegato di una società”; occorre “puntare suquel merito che serve per ridare dignità e fiducia” (p. 44); bisogna “considerarli finalmente come persone e come professionisti”(p. 48) – tutto ciò in coerenza con un piano generale di riforma che si proclama senza precedenti per attenzione politica e culturale alla scuola e per impegno economico:
“Questo Governo non ha esitazioni: la scuola è la priorità del Paese, e su di essa intendiamo mobilitare le risorse che servono” (p. 118)
Ma l’argomento non riguarda solo i diretti interessati, al contrario risulta fondamentale rispetto al tema della “buona scuola”: perché è evidente – a meno di impostare il discorso in termini non professionali, ma volontaristici e missionari – che la condizione contrattuale e il trattamento economico di una categoria di lavoratori non possono non incidere sia sulla qualità del servizio da loro prestato (soddisfazione e motivazione dei docenti nei confronti del proprio lavoro, attualmente in crisi; possibilità concreta, oggi seriamente compromessa, di usufruire nel quotidiano di quelle autonome esperienze culturali che costituiscono l’autentica formazione di un docente), sia sulla composizione stessa della categoria (capacità di attrazione della professione docente per i migliori giovani e gli studenti più brillanti: oggi quasi a zero). Non è interesse di nessuno, si direbbe, che i docenti della scuola pubblica continuino a scivolare in una condizione di ristrettezza e di avvilimento.

Era dunque auspicabile che le proposte del Rapporto su questo tema delicato fossero significativamente migliorative rispetto alla situazione attuale, tanto negativa; ed era doveroso che lo si affrontasse con onestà e lo si esponesse con correttezza, in modo che sia i diretti interessati sia l’opinione pubblica potessero, come si legge, partecipare a un “dibattito e confronto … nel quadro di quella che vogliamo diventi la più grande consultazione – trasparente, pubblica, diffusa, online e offline – che l’Italia abbia mai conosciuto finora”.

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