Non
lo so se le parole pesano davvero sempre come macigni…mi piacerebbe che fosse davvero
così, perché significherebbe che ancora dall’altra
parte c’è un cuore che percepisce.
Nella mia buona scuola (che non c'è) io ripartirei dall’utopia.
Sull’utopia
“L'utopia
è questo: quando sei convinto che a trecento metri ci sia quello che vuoi
raggiungere, li percorri e ti rendi conto che l'utopia è trecento metri più in
là, e così via. Per questo ti dici: "Allora è veramente
irrealizzabile". Invece no, perché c'è un aspetto positivo: che si sta
camminando, e quindi l'utopia si realizza strada facendo.
Andrea
Gallo, Il vangelo di un utopista, 2011”
Su
due cose, mi piacerebbe focalizzare la mia scuola “utopistica”:
Uno
è riflettere sul Male incarnato da
Eichmann proprio nel momento in cui
appare "banale" alla Arendt, dove
tra l’altro spiega che è tanto più terribile perché i suoi
servitori sono grigi burocrati. (Vedi La banalità del male. Eichmann a
Gerusalemme di Hannah Arendt).
Il
secondo punto su cui mi soffermerei, partendo
da un articolo di Marco Lodoli, è quello
in cui dice che “Siamo parte di un tutto, ma ce lo siamo dimenticati, o meglio:
la società occidentale, formata totalmente sulle regole del mercato, tende a
scomporsi in atomi rivali, in solitudini minacciose perché minacciate.”
Buon 2015!
Stefano
Nessun commento:
Posta un commento