giovedì 1 gennaio 2015

La mia buona scuola (che non c’è)




      Non lo so se le parole pesano davvero sempre come macigni…mi piacerebbe che fosse davvero così,  perché significherebbe che ancora dall’altra parte c’è un cuore che percepisce.

Nella mia buona scuola (che non c'è) io ripartirei dall’utopia.

Sull’utopia

“L'utopia è questo: quando sei convinto che a trecento metri ci sia quello che vuoi raggiungere, li percorri e ti rendi conto che l'utopia è trecento metri più in là, e così via. Per questo ti dici: "Allora è veramente irrealizzabile". Invece no, perché c'è un aspetto positivo: che si sta camminando, e quindi l'utopia si realizza strada facendo.

Andrea Gallo, Il vangelo di un utopista, 2011”

Su due cose, mi piacerebbe focalizzare la mia scuola “utopistica”:

Uno è riflettere sul  Male incarnato da Eichmann  proprio nel momento in cui appare "banale"  alla Arendt, dove  tra l’altro spiega  che è tanto più terribile perché i suoi servitori sono grigi burocrati. (Vedi La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme di Hannah Arendt).

Il secondo punto  su cui mi soffermerei, partendo da un articolo di Marco Lodoli,  è quello in cui dice che “Siamo parte di un tutto, ma ce lo siamo dimenticati, o meglio: la società occidentale, formata totalmente sulle regole del mercato, tende a scomporsi in atomi rivali, in solitudini minacciose perché minacciate.”


Buon 2015!

Stefano

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