mercoledì 24 dicembre 2014

Perché la scuola non funziona più



L'ovvio è quello che non si vede mai finché qualcuno non lo esprime con la massima semplicità.

(Kahlil Gibran)

La scuola non funziona più perché non funziona più la società e quando si cercano i colpevoli di questo mal funzionamento, quando si cercano i capri espiatori[1], si scatena una guerra “tra poveri”, insomma, i mali non finiscono mai, tuttalpiù se ne aggiungono.

Dove c’è tensione non ci può essere terreno fertile per l’apprendimento, quindi non si possono cambiare le regole, gli insegnanti ed anche gli edifici perché il vero problema di fondo permane.

Il passo successivo per comprendere (o meglio per cominciare a riflettere) il mondo (e quindi la scuola) in cui viviamo ce la può offrire Zygmunt bauman nel suo libro  Modus vivendi: inferno e utopia del mondo liquido.

“In un pianeta globalizzato negativamente[2] è impossibile ottenere la sicurezza, e tanto meno garantirla, all’interno di un solo paese o di un gruppo scelto di paesi: non con i loro mezzi soltanto, e non a prescindere da quanto accade nel resto del mondo.
E neanche la giustizia, condizione preliminare di una pace duratura, può essere raggiunta, ne tanto meno garantita, all’interno di un solo paese. L’”apertura” perversa delle società imposta dalla globalizzazione negativa è essa stessa causa prima di ingiustizia e quindi, per vie trasverse, di conflitti e di violenza. Come di ce Arundhati Roy[3], “quando le élites, da qualche parte al vertice del mondo, portano avanti il loro viaggio verso destinazioni fantastiche, i poveri finiscono intrappolati in una spirale di crimine e di caos”. Le azioni del governo degli Stati Uniti, dice Roy, insieme ai suoi vari satelliti, malamente camuffati da “istituzioni internazionali”, come la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e l’Organizzazione mondiale per il commercio, hanno portato, come “pericolosi sottoprodotti”, “nazionalismo, fanatismo religioso, fascismo e ovviamente, terrorismo, che progredisce di pari passo con la globalizzazione liberista”."

Ora ditemi voi, se così fosse (e molto probabilmente lo è), che cosa c’entrano i genitori, gli insegnanti, i presidi in tutto questo marasma? Ecco che allora si cercano i capri espiatori e si fanno finte riforme della scuola in una società sconvolta da grossi cambiamenti, ma se la società, questo tipo di società non funziona più, di conseguenza non può funzionare nemmeno più la scuola di cui fa parte, anzi di cui ne è le fondamenta, a meno che non si estranei dal contesto e diventi falsa e pretenziosa, ma a questo punto tradisce il suo scopo originale, formare i nuovi cittadini (se questo era il suo scopo originale). Purtroppo la realtà prima o poi ci si parerà dinanzi e pretenderà il suo prezzo. Dove è finita la la lungimiranza di quelle poche persone che ci hanno illuminato la via nei momenti più bui della nostra storia? La risposta in parte la si può trovare nella sconfitta e nello sfacelo della mediocrità della politica attuale nazionale, europea e mondiale, anzi scusate "globalizzata" e noi che facciamo? Invecchiamo, siamo sempre più disoccupati e ci disinteressiamo della politica: http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12/23/istat-italiani-vecchi-disoccupati-meno-interessati-politica/1293849/

Buon Natale

Stefano

mercoledì 22 ottobre 2014

Poveri insegnanti!



da Il giornale dell’Università degli studi di Padova



Stipendi degli insegnanti: il gioco delle tre carte


Nel rapporto La Buona Scuola. Facciamo crescere il Paese, pubblicato pochi giorni fa dalla Presidenza del consiglio dei ministri e dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, uno speciale interesse per i docenti riveste il secondo capitolo, dal titolo Le nuove opportunità per tutti i docenti: formazione e carriera nella buona scuola; e in particolare il paragrafo 2.3, Premiare l’impegno: come cambia la carriera dei docenti.
Ormai da molti anni gli insegnanti della scuola pubblica sono privati del rinnovo contrattuale; sono sottoposti con tutti i dipendenti statali al perdurante (ne è stata annunciata l’ulteriore proroga fino a tutto il 2015) blocco degli stipendi, per i quali non viene neppure riconosciuto il recupero dell’inflazione; sono titolari di retribuzioni tra le più basse d’Europa per la categoria, talmente esigue che tutti gli ultimi ministri dell’istruzione (compresa l’attuale) hanno, all’inizio del loro incarico, biasimato pubblicamente questa situazione. È dunque comprensibile che le aspettative dei docenti su questo tema, già molto vive, siano state ulteriormente stimolate dalle frequenti dichiarazioni del Presidente del Consiglio, che ha più volte enfatizzato la centralità della professione docente per lo sviluppo della nazione e l’opportunità di un suo maggiore riconoscimento. Lo stesso rapporto La Buona Scuola è tutt’altro che privo di enfasi: bisogna rivendicare il “coraggio di ripensare come motivare e rendere orgogliosi” gli insegnanti; essi hanno “alta responsabilità professionale e civile” (p. 6) e ciascuno di loro determina “il futuro di centinaia di ragazzipiù di quanto possa farlo un membro del Governo o l’amministratore delegato di una società”; occorre “puntare suquel merito che serve per ridare dignità e fiducia” (p. 44); bisogna “considerarli finalmente come persone e come professionisti”(p. 48) – tutto ciò in coerenza con un piano generale di riforma che si proclama senza precedenti per attenzione politica e culturale alla scuola e per impegno economico:
“Questo Governo non ha esitazioni: la scuola è la priorità del Paese, e su di essa intendiamo mobilitare le risorse che servono” (p. 118)
Ma l’argomento non riguarda solo i diretti interessati, al contrario risulta fondamentale rispetto al tema della “buona scuola”: perché è evidente – a meno di impostare il discorso in termini non professionali, ma volontaristici e missionari – che la condizione contrattuale e il trattamento economico di una categoria di lavoratori non possono non incidere sia sulla qualità del servizio da loro prestato (soddisfazione e motivazione dei docenti nei confronti del proprio lavoro, attualmente in crisi; possibilità concreta, oggi seriamente compromessa, di usufruire nel quotidiano di quelle autonome esperienze culturali che costituiscono l’autentica formazione di un docente), sia sulla composizione stessa della categoria (capacità di attrazione della professione docente per i migliori giovani e gli studenti più brillanti: oggi quasi a zero). Non è interesse di nessuno, si direbbe, che i docenti della scuola pubblica continuino a scivolare in una condizione di ristrettezza e di avvilimento.

Era dunque auspicabile che le proposte del Rapporto su questo tema delicato fossero significativamente migliorative rispetto alla situazione attuale, tanto negativa; ed era doveroso che lo si affrontasse con onestà e lo si esponesse con correttezza, in modo che sia i diretti interessati sia l’opinione pubblica potessero, come si legge, partecipare a un “dibattito e confronto … nel quadro di quella che vogliamo diventi la più grande consultazione – trasparente, pubblica, diffusa, online e offline – che l’Italia abbia mai conosciuto finora”.

Continua al link sopra

giovedì 2 ottobre 2014

Cartolina agli insegnanti

Sempre a proposito di futuro...


di James Hillman (foto mia)

Ma quale buona scuola?


Senza soldi le riforme non si fanno...a meno che, non si tolga ai poveri per dare ai poveri!
La scuola funzionerebbe senza fare tanti giochi di prestigio, se solo gli insegnanti riacquistassero dignità, ma si può riacquistare veramente la dignità nella crisi attuale del mondo occidentale?

Il futuro c'è, c'è sempre, è solo che non si vede.

Leggi anche: La scuola di Renzi. Se la conosci ti opponi da orizzontescuola.it 

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"Un trend abbastanza netto e inequivocabile si può osservare nella scelta dei leader (di partito e candidati alla premiership o alla presidenza), così come nella scelta dei candidati parlamentari (aspetto che in questa sede tralasciamo), nelle democrazie occidentali: la democratizzazione crescente dei processi di selezione. Le ragioni di fondo stanno nelle trasformazioni profonde della politica contemporanea. La politica nelle democrazie diviene sempre più focalizzata sulla personalità dei candidati."


martedì 9 settembre 2014

Il futuro che non c'è


“La paura
è la cosa di cui ho più paura”
(Michel De Montaigne).






In genere i bambini proiettano le loro ansie e le loro paure su un adulto a cui fare affidamento.

Gli adulti “più maturi” cercano di elaborare quanto sta accadendo.




Il prof della vita? Quello che fa riflettere e sognare

All'invito di Repubblica.it hanno risposto in tanti mescolando esperienze, memorie, nostalgie e anche rancori. Storie spesso bellissime, e ricordando gli insegnanti migliori alla fine prevale la speranza: un'altra scuola è possibile

Di Andrea Silenzi




L'Ocse fotografa la scuola italiana: risorse tagliate e ragazzi sfiduciati

ll report annuale evidenzia la carenza di investimenti, legata al calo di interesse dei giovani per il percorso dell'istruzione: "Scuola e università non sono viste come aiuto per trovare lavoro, ma come parte del problema"

di SALVO INTRAVAIA



Un patto sul futuro che non c'è

Gli esempi aiutano a focalizzare realtà complesse e problemi profondi. Eccone due che mettono a nudo il problema che attanaglia l'Italia: la difficoltà di intravedere un futuro. Su un quotidiano, una lettrice riferisce che un cittadino peruviano che presta servizio da lei e che vive in Italia da oltre 15 anni avrebbe deciso di mandare i suoi figli a studiare in Perù.

All'obiezione della donna che potrebbe mandarli a studiare in Italia la risposta è stata che questo è un Paese senza futuro. Alla stessa conclusione è pervenuto anche un affermato professore di Economia che insegna all'Università di Stanford, Luigi Pistaferri, uno tra i migliori talenti italiani all'estero, al quale l'Eief (l'istituto di ricerca dove lavoro) ha offerto una cattedra con un trattamento comparabile a quello che offre Stanford e un buon ambiente di lavoro.