martedì 29 luglio 2014

La parola “sentimento”, questa sconosciuta


In Trame perdute di James Hillman

“La rimozione collettiva, nella nostra storia, della parte affettiva della psiche, e il ritorno del rimosso che oggi sventola la bandiera del “sentimento” nella Chiesa, nell’insegnamento, nei gruppi, nella pubblicità, dovunque, ci hanno lasciato con un senso di smarrimento. E lo smarrimento è appunto la più importante caratteristica attuale del sentimento: siamo smarriti non sapendo come sentire, dove sentire, perché sentire o, perfino, se sentiamo. C’è uno smarrimento dello stile e della forma del sentimento individuale, come se una capacità si fosse paralizzata. Siamo rimasti con ciò che T.S. Eliot in Quattro quartetti chiama la “gran confusione dei sentimenti imprecisi/Squadre indisciplinate di emozioni”, delineando anche nei versi successivi quello che è il nostro compito: “C’è solo la lotta per ricuperare ciò che si è perduto/E trovato e riperduto senza fine: e adesso le circostanze/Non sembrano favorevoli”.
     Il sentimento è un problema così enorme del nostro tempo che si potrebbe affermare, per assurdo, che tutto il campo della psicoterapia sia scaturito dalle inadeguatezze della funzione sentimento. I nostri personali problemi di sentimento sono in parte un risultato collettivo di periodi di rimozione cui non hanno senza alcun dubbio posto rimedio né gli entusiasmi confusi del XVIII secolo e neppure i piaceri pornografici della metà del XX. I nostri problemi sentimentali sono problemi collettivi, per i quali abbiamo bisogno di fantasie nuove: avere a che fare con essi soltanto direttamente, con una nuova dottrina del sentimento e una rivoluzione in suo nome, non è sufficiente. Le idee cardine della nostra epoca sono essere in rapporto, legarsi, essere umano, essere sincero, sentire: ma come? E cosa vogliono dire questi slogan?
Gli psicologi accademici, salvo poche rilevanti eccezioni, hanno preferito lasciare da parte il sentimento, giustificando la loro trascuratezza con la scusa che il sentimento non può essere analizzato. Il sentimento, essi dicono (e questo è particolarmente vero per le scuole tedesche che, malgrado le loro argomentazioni, continuano a scrivere sul sentimento), è un flusso che non può essere sezionato e osservato. Perfino il porre domande, che è il primo passo in ogni indagine, blocca il sentimento. In particolare, nella vita quotidiana, se viene chiesto “come ti senti”, la risposta in parole è già diversa  dal fenomeno del sentimento. L’applicazione della comprensione analitica al sentimento distrugge proprio l’oggetto stesso dell’indagine, che dilegua davanti agli occhi. Così – procedendo su questa linea – è meglio che il sentimento sia lasciato nell’oscurità, come una forza sotterranea da sentire e non da verbalizzare.”

James Hillman, Trame perdute, Editore: Cortina Raffaello (1 febbraio 1996)


Quarto di copertina:

"Se vogliamo imparare di più sulla psiche, dobbiamo vederla all’opera nella vita, nella storia, nella cultura, e non soltanto nella psicologia (dove oggi essa giace esausta all’interno del proprio soggettivismo, succube di terapie sempre più numerose). Il territorio dell’anima risiede più propriamente entro il vasto panorama dell’immaginazione, ed è in atto il tentativo di ricostruire un io immaginale che costituisca l’ich del controllo efficace mediante la consapevolezza centrata su di sé. Se infatti la perversione del soggettivismo deve cambiare, e se vogliamo essere curati da quel male che abbiamo inventato per curarci, Hillman ritiene che questa cura trovi i suoi antenati nella cultura mediterranea, la quale, nella geografia e nel linguaggio, nei gesti e nella capacità di ideazione estetica, ricorda un’immaginazione che va oltre il proprio mondo personale e uno stile di gran lunga più soddisfacente dell’efficienza autoconsapevole."

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